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Mi devo preparare a dire addio, a salutare la bambina che ho conosciuto solo in foto, a scordare quel volto che speravo con tutte le mie forze potesse diventare parte della nostra famiglia.

Sono state settimane caratterizzate da tantissime emails, telefonate, video calls, e lettura delle norme che regolano l’adozione internazionale. Tutto finalizzato a trovare un modo per poter adottare Liz, la sorella biologica di nostro figlio Ben.

I servizi sociali inglesi ci hanno confermato solo qualche giorno fa che, secondo le loro leggi, non possono svolgere con noi il lavoro di idoneità all’adozione. Questo perché, anche se da solo poco più di un anno, non siamo più residenti in UK. Dipendiamo quindi dai servizi sociali del nostro comprensorio.

Come una lama dritta al cuore, le assistenti sociali inglesi ci hanno detto che sarebbero state felicissime di affidarci Liz in adozione, e che se fossimo stati ancora in Inghilterra non si sarebbero neppure poste il problema. Ci conoscono per la precedente adozione di Ben, e per gli anni durante i quali abbiamo lavorato con loro come famiglia di affido. Comprendono la nostra voglia di adottarla, l’importanza che rappresenterebbe nella vita di Ben, e gli effetti positivi che anche sulla vita di Liz avrebbe crescere con un fratello di sangue. 

La questione quindi, almeno per quello che riguarda i servizi sociali inglesi, e’ unicamente una questione di tempo. 

Quanto tempo è ragionevole, giusto ed accettabile, lasciare questa bambina ad aspettare in una famiglia di affido temporanea, dove continuerebbe ad avere contatti con i suoi genitori biologici, e vivrebbe in una situazione di precarietà? 

In tutta onestà, e con un nodo alla gola, la mia risposta non può essere che una: ragionevolmente, il minor tempo possibile.

Proprio per questo ho fatto mille telefonate, ho scomodato tante persone sconosciute. Ho contattato assistenti sociali, associazioni, avvocati e tribunali. Ho parlato con persone molto disponibili, con un cuore grande, e pronte ad aiutarmi fornendomi informazioni dettagliate sul processo di adozione, oppure nominativi di altre persone altrettanto disponibili a cui potermi rivolgere. 

Ma la risposta è sempre stata la stessa: per ottenere l’idoneità in Italia, anche lavorando velocemente per assecondare i bisogni di una bimba che tanto necessita di una famiglia stabile, ci vogliono nella migliore delle ipotesi 8 o 9 mesi. 

Rimane poi il problema di trovare un Ente Autorizzato a trattare le adozioni nel Regno Unito, che sembra non esserci,  il problema dei costi molto elevati che fino ad oggi non abbiamo né considerato né previsto, la possibilità’ che ci possano essere lunghi ritardi dovuti all’emergenza Covid-19, o che perfino ci venga negata l’idoneità ad adottare.

Quindi eccomi qui oggi, rassegnata a pensare che la scelta giusta nei confronti di Liz sia quella di essere adottata da una famiglia che la possa accogliere molto prima di noi, e, allo stesso tempo, demoralizzata all’idea di dover negare a mio figlio la possibilità di crescere con una sorella biologica.

Ecco, io credo che non ci sia una scelta giusta o una sbagliata. Come spesso accade, quello che e’ giusto per qualcuno non lo è per qualcun altro. Trovare un punto di equilibrio mi sembra in questo momento impossibile, come se qualsiasi direzione prendessi potesse far del male a qualcuno. 

Non ho mai pensato all’adozione come una scelta d’amore, perché per me è stata una scelta egoistica legata alla mia voglia di diventare mamma. Volevo soddisfare un mio bisogno, e non mi sono mai sentita una brava persona come spesso mi è stato detto spiegando che Ben è adottato. L’adozione va di pari passo con la perdita di tutto quello che c’è stato prima. Prima di essere mio figlio, Ben ha dovuto perdere la sua famiglia di origine, così come la sua famiglia di origine ha dovuto perdere Ben. Credere perciò a chi mi dice che ho compiuto un bel gesto, un atto caritatevole, è per me impossibile. 

L’adozione va di pari passo con la perdita di tutto quello che c’è stato prima.

Ho sempre avuto l’impressione che l’adozione non sia fatta da bianco o nero, ma tante tonalità di amore, trauma, gioia, dolore, giusto e sbagliato, e che tutti questi opposti si mischino insieme a formare un qualcosa di completamente unico.

Ed anche ora non è diverso, e la domanda che mi pongo incessantemente è: dovrei insistere che Liz rimanga in una situazione precaria per un anno per poi portarla a vivere con noi in una nuova nazione, oppure lasciare che trovi una famiglia nei prossimi mesi per poi fare i conti con il dover spiegare a mio figlio Ben che, così come suo fratello, anche la sorella vive lontana ed adottata in un altra famiglia?

In questa situazione non vedo amore o compassione, ma solo la difficile scelta di quale tra due bambini sceglierò di far soffrire. E con questa scelta, dovrò imparare a convivere per il resto della mia vita.