Quando ho scritto la mia prima lettera di contatto ai genitori biologici di Ben non sapevo da dove cominciare, cosa scrivere, e cosa dire. Avrei potuto parlare per ore di Ben, ma quando è una sentenza di adozione che ti obbliga a farlo, è tutta un’altra storia.
Infatti, niente sembra abbastanza importante, o attinente, o guistificato da poter essere raccontato ai dei perfetti estranei, che rappresentano però persone importanti nella vita di tuo figlio.
Mi sono fatta mille domande: è sicuro raccontare di Ben? sono abbastanza formale? forse dovrei essere più informale? mi giudicheranno? mi risponderanno?
E con tutte quelle domande, sono arrivate altrettante emozioni: paura, rabbia, curiosità, sofferenza, e voglia di lasciar perdere tutto e smettere di scrivere.
Ma sopratutto, quello di cui mi sono accorta scrivendo la mia prima lettera, è stato realizzare quanti pregiudizi avevo verso i genitori biologici di Ben.
Forse è normale essere arrabbiati, voler tenere queste persone a distanza, giudicarli, e non voler nulla a che fare con loro. Ma allo stesso tempo non potevo dimenticare che quelle persone erano i genitori di mio figli, o che almeno lo erano stati per un periodo di tempo.
E con quella realizzazione, il mio punto di vista è cambiato.
Voglio credere che non ci siano cattive persone, ma persone che si sono trovate in cattive condizioni e non hanno saputo reagire correttamente.
Ripeso spesso ad Holly, una delle bimbe che abbiamo avuto in affido, e a sua mamma Mary, e alla loro storia, che non è diversa da tante altre storie che si sentono nel mondo dell’adozione e affido.
Mary adorava Holly e avrebbe mosso montagne per lei. Ma era alcolizzata ed intrappolata in una relazione di coppia abusiva e tossica. Era cresciuta in una famiglia altrettanto violenta e ostile. Mary ha provato a cambiare la sua vita per poter rimanere con Holly, ma dopo un anno di sforzi, è ricaduta nella stessa terribile e drammatica situazione che aveva cercato di lasciare, e ha perso sua figlia. Mary non era una persona cattiva, ma una persona in una cattiva situazione, e questo l’ha spinta a far del male alla persona che amava di più, sua figlia.
Noi genitori adottivi conosciamo i nostri figli, il trauma che hanno vissuto, e le conseguenze che ne derivano. Ma spesso non conosciamo il trauma dei lori genitori biologici. Forse anche loro, prima di diventare genitori, erano bambini cresciuti in situazioni di abuso non diverse da quelle dei nostri figli.
Con l’adozione il loro amore per i figli non cessa di esistere. Forse avere informazioni di quei figli che hanno perso, sapere che ora sono sani e salvi, può aiutare a rompere il ciclo di abusi. E forse, nel tempo, aiuteranno i nostri figli a fare chiarezza sul loro passato e risponderanno a quelle domande che sono tanto importanti per i nostri figli, e a cui noi, gentori adottivi, non sappiamo rispondere.
Oggi, scrivere lettere di contatto ai genitori biologici di Ben non è più un peso, è semplice almeno quanto scrivere quelle per suo fratello Mark.
Scrivo queste lettere di speranza per mio figlio, e per me stessa, e sopratutto per i genitori biologici di Ben perché, che lo vogliamo o no, le nostre vite sono, e sempre saranno, intrecciate a formare un’unica storia.