Poco prima che tornassimo in Italia, l’ufficio adozioni attraverso il quale abbiamo adottato Ben mi ha telefonato. Stavano organizzando una serata informativa per potenziali nuovi genitori adottivi e mi è stato chiesto se ero disponibile a parlare della mia esperienza. 

Ero un po’ titubante, ma infine ho accettato l’invito. C’è così tanto sull’adozione che non mi era stato detto durante i corsi di preparazione, e che solo qualcuno che ha adottato può provare a spiegare. L’adozione è un bellissimo viaggio, ma anche un viaggio difficile, ed ero molto felice di poter condividere la mia esperienza e, magari, essere di aiuto a qualcuno. 

Ho pensato a quando io e Diego abbiamo partecipato alla nostra serata di presentazione. Eravamo pieni di speranze per il futuro, entusiasti e pronti a scalare montagne se necessario. Ripensandoci oggi, devo ammettere che non eravamo pronti ad adottare, ci stavamo avventurando in un mondo sconosciuto senza gli strumenti per capire come funzionava.

Nei miei sogni tutto avrebbe funzionato per il meglio, saremmo stati la famiglia perfetta e sorridente che si vede nelle riviste. Pensavamo che l’adozione fosse solo il mezzo per diventare una famiglia, e che una volta che il processo si fosse concluso, avremmo potuto dimenticare fosse mai successo.

Logicamente, non è così, e mi è servito del tempo per iniziare a capire le molteplici realtà dell’adozione. 

Alcune di queste realtà sono difficili da comprendere, forse incutono anche un po’ di paura, ma sono fondamentali nozioni per potenziali nuovi genitori adottivi.

L’adozione parte da una perdita

L’adozione scaturisce da una situazione di perdita, ed è vero per tutte le persone coinvolte. 

Genitori adottivi: molti arrivano a considerare l’adozione in seguito a problemi di infertilità, per l’impossibilità di avere figli biologici. È proprio il senso di qualcosa che manca nelle nostre vite che ci fa avvicinare all’adozione.

È importante metabolizzare e superare questa perdita, di non avere rimorsi o rimpianti. Ricordo la nostra assistente sociale spiegarci che un bambino adottato non è un sostituto di bambino biologico, e che prima di continuare con il processo di adozione dovevamo superare il lutto di non poter avere figli biologici.

Bambino adottato: ogni bambino adottato convive con un senso di perdita, una perdita troppo grande per noi da comprendere. Possiamo solo prenderne atto. I bambini adottati perdono i genitori, la loro famiglia, una casa, gli amici, i luoghi familiari, la scuola, i giocattoli, i vestiti. Sono messi in affido per un periodo di tempo più o meno lungo, e poi di nuovo, una volta adottati, perdono i genitori di affido, la nuova famiglia, la casa, gli amici, i luoghi familiari, la scuola, i giocattoli, i vestiti … e molto altro.

Famiglia bio e affidataria: sia la famiglia bio che la famiglia affidataria devono superare il trauma della perdita di un bambino che amano. L’assunzione comune è che i genitori bio non amino i propri figli, che siano persone cattive e crudeli, e che le famiglie affidatarie non si affezionino ai bambini che hanno in cura. In molti casi, questa è un’assunzione sbagliata.  

Come genitori adottivi, dobbiamo accettare questo amore, accettare da dove arriva, ed essere sensibili e rispettosi verso la loro perdita.

Non c’è adozione senza trauma

È importante essere chiari: il trauma permea l’adozione. 

Sia che tu stia pensando di adottare un neonato, oppure un bambino più grande, dovrai fare i conti con le conseguenze del trauma subito, ed essere cosciente che rimuovere il bambino dalla fonte del trauma non cancella il trauma in sé.

L’elaborazione del trauma non è una soluzione rapida e facile, ci vorrà del tempo e molto aiuto. Questo processo metterà ogni membro della famiglia sotto stress e, a volte, sentirsi sopraffatti o depressi può essere una delle conseguenza comuni. 

Devi sapere che è OK sentirsi così, che è importante chiedere aiuto, e che prendersi cura di sé stessi diventa una priorità per le famiglie adottive. 

Il training per l’adozione non insegna ad amare

I corsi pre-adottivi, gli incontri con gli psicologi, e le visite dei servizi sociali, sono un processo lungo e impegnativo. Poi arriva il giorno in cui ti viene affidato un bambino. Sei impaurito, felice, e tiri un sospiro di sollievo pensando che l’attesa è finalmente finita.

Per mesi ti hanno raccontato della vita del bambino che diventerà tuo figlio, hai visto foto e filmati, ma il bambino che porti a casa è comunque ancora uno sconosciuto.

L’aspettativa comune è quella di provare amore per quel bambino fin dal primo momento, ma a volte l’amore non c’è. Non ancora, almeno. 

Questo mancanza può essere scoraggiante, può farti sentire inadeguata, spaventata, colpevole, e a volte hai perfino vergogna ad ammetterlo. 

La dott.ssa Karyn Purvis, autore del bellissimo libro “The Connected Child”, ha scritto “i genitori adottivi diventano genitori biologici attraverso un legame emotivo” (cit: adoptive parents become the biological parents through connection) e una legame d’amore ha bisogno di tempo per formarsi e rafforzarsi. 

Quindi perdona te stesso, e dai il tempo a questo nuovo amore di diventare parte della tua famiglia.