In questi giorni la nostra vita è stata completamente sconvolta, rivoluzionata, gettata sottosopra.
Tre settimane fa eravamo impegnati a decidere cosa fare per il ponte di Pasqua, a scegliere la meta della prossima gita in montagna, e a programmare le ferie estive.
Poi, dall’oggi al domani, tutto è cambiato.
Prima hanno chiuso le scuole. Poi le palestre, le piscine, i cinema, e i ristoranti. Smart Working, seguito da ferie obbligatorie. C’è chi ha perso il lavoro, e chi è stato trattenuto forzatamente lontano da casa.
Ed infine, è arrivata la quarantena.
Sembra di vivere in un film, un brutto film. Ogni giorno il numero di morti sale, la TV parla di ospedali a piena capacità, le immagini sul web sono quelle di mezzi militari che trasportano bare, ed il numero dei contagi sembra non scendere mai.
Coronavirus: un nome allegro, fuorviante, che sta decimando un intera nazione!
Mi sento molto egoista verso tutte quelle persone che hanno familiari in condizioni gravi. Mi sento insensibile verso tutte quelle persone che hanno perso i propri cari stroncati da questo terribile virus. Ma è come se stessi vivendo una vita parallela, in cui le mie priorità non sono quelle degli altri.
Certo, anche io ho paura, anche io sono spaventata, ed anche io ho il timore che questo virus si porterà via qualcuno di caro: il suo nome è Liz, e non l’ho mai incontrata.
Liz è la sorella di mio figlio. Ho saputo di lei quando ho visto su Facebook lo scan fatto dalla bio-mamma al terzo mese di gravidanza. Ho poi visto lo scan del quinto mese, del sesto, e quello del settimo.
Ho seguito con apprensione quando bio-mamma è stata portata d’urgenza all’ospedale perchè Liz aveva fretta di venire al mondo. L’ho vista piccola e fragile, due mesi prematura, in braccio a bio-papà. In Liz vedo mio figlio Ben, i suoi occhi, la sua bocca, i suoi colori.
Ad ogni foto, il mio amore per lei e’ cresciuto. Ad ogni foto, l’ho sentita un po’ più vicina. Ad ogni piccola buona notizia letta di nascosto sui social, ho gioito e tifato per lei.
Ad un certo momento però la situazione e’ cambiata. Ho letto delle liti tra bio-mamma e bio-papà, degli stessi problemi di cui già ero al corrente dall’adozione di Ben, delle stesse dinamiche distruttive che da sempre hanno alimentato la loro relazione.
Ho avuto paura per l’incolumità di Liz, avrei voluto stringerla stretta e poterle promettere che le cose sarebbero migliorate.
E allora abbraciavo Ben, forte, piena di amore. Pensavo a quante volte mi ha detto che gli sarebbe piaciuto avere un fratellino o una sorellina, a quanto deve essere difficile per lui essere figlio unico.
Nella mia mente già immaginavo le liti tra Ben e Liz per i motivi più banali, già vedevo un posto in più apparecchiato al tavolo, e sentivo Ben difendere con passione Liz semplicemente perché Ben ha un cuore grosso, e tanto amore da dare.
Una settimana fa, io e mio marito Diego, abbiamo chiamato i servizi sociali, abbiamo chiesto quali sarebbero stati i piani per il futuro di Liz, ed espresso tutta la nostra preoccupazione per la sua incolumità. Senza la minima esitazione, abbiamo chiesto di adottarla.
Liz, così come la sua famiglia bio, vive in Inghilterra.
Ed ora, in tutto questo caos creato dall’epidemia che sta mettendo in ginocchio la nostra nazione, io ho paura di perderla. Paura di perdere quella bambina che non ho mai incontrato, ma che già riempie il mio cuore con immenso amore.